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Adolescenza difficile: cosa fare?

Quando si affronta la crescita di un figlio, prima o poi la domanda arriva in modo fatidico. I dubbi su come gestire l’adolescenza si legano ad alcuni elementi fondamentali. Due fattori in particolare sconfortano le famiglie e fanno percepire i figli difficili da gestire: il sistema sociale in cui viviamo e le emozioni che i ragazzi ci suscitano. Per rispondere al gettonatissimo “adolescenza difficile: cosa fare”, occorre proprio partire da una riflessione su questi temi.

L’emotività in particolare, rappresenta un punto focale quando si tratta della crescita di bambini e ragazzi. La predisposizione biologica a decodificare il livello più sottile della comunicazione, quello non verbale ed emotivo, rende inequivocabili i messaggi che inviamo e recepiamo. Interagire con un adolescente, spesso vulnerabile, ipersensibile, complica la situazione. Abbiamo l’impressione di avere continuamente a che fare con le emozioni negative dei nostri ragazzi. Sentiamo di relazionarci a figli aggressivi, mossi da una quotidiana rabbia verso i genitori. Questo ci induce a rispondere in modo reattivo, nel disperato tentativo di sfogarci e ripristinare un equilibrio di ruoli e di rispetto. Tuttavia, resta chiaro che porre la comunicazione sullo stesso livello di quello proposto dai ragazzi, non solo è fallimentare, ma rende i figli violenti con i genitori ancor più.

Lavorare in direzione di una maggiore neutralità emotiva resta un tema delicato, ma irrinunciabile obiettivo genitoriale, in quanto, come ho appreso attraverso la mia esperienza professionale, l’educazione é una modalità di essere, prima ancora che un “fare”. Se sei interessato a capire come questo principio possa tornarti utile nella relazione con tuo figlio teenager, ti invito a consultare quest’articolo.

L’aggressività nell’adolescenza, infatti, pur restando una modalità comunicativa diffusa, viene limitata dall’intervento di un genitore che sa orientare l’emotività del proprio ragazzo in modo consapevole.

Il secondo macro-argomento che influenza la risposta alla domanda “adolescenza difficile: cosa fare”, riguarda l’epoca in cui viviamo. La complessità del sistema sociale infatti, contribuisce a rendere più articolati bisogni e rischi tipici dell’età. In adolescenza, come comportarsi con i figli richiede di interfacciarsi con temi quali la digitalizzazione e la frenesia della vita moderna. I ritmi serrati delle routinefamiglia-felices quotidiane impediscono ai genitori di esser presenti quanto vorrebbero nella vita dei loro ragazzi. I tempi a disposizione diminuiscono e gli scambi si riducono al trasferimento di indicazioni, divieti, programmi che scandiscono la settimana. Tutto, ovviamente, condito da una buona dose di preoccupazione rispetto all’iperconnessione dei giovanissimi e i pericoli cui il web li espone quando si trovano con o senza di noi. Comprendere come gestire l’adolescenza, significa accettare che il tempo quotidiano é limitato, ma può esser sufficiente a coltivare la qualità della relazione genitore-figlio. L’abbandono di scorciatoie educative (legate allo stereotipo del “genitore amico” o del “genitore autoritario”) e la costruzione di un sistema di regole coerente, sono solo alcuni dei processi che possono aiutarci a vivere una genitorialitá spontanea, ma consapevole. Per conquistare un senso di autoefficacia educativa, inoltre, é utile avere chiaro quali siano le dinamiche che più espongono a senso d’impotenza e litigi. Solitamente i genitori citano due difficoltà principali: l’aggressività e la sensazione di esser odiati e inascoltati dai figli.

Proviamo ad esaminare meglio queste situazioni per poter capire di più il mondo interiore di chi sta ancora crescendo.

Figlio aggressivo, come ascoltarlo

Quando affrontiamo il tema dei figli contro i genitori, è utile porci alcune domande preliminari. Si tratta davvero di capire “come gestire un figlio aggressivo” o di comprendere come educare un adolescente vivace e refrattario all’autoritarismo? Spesso, infatti, i genitori si sentono aggrediti dai figli quando affrontano regole e norme. L’orario di rientro al sabato sera, la routine dei compiti. L’uso di smartphone, play station. La paura di crescere un figlio adulto aggressivo, talvolta è così intensa da allontanarci dalla reale natura delle situazioni quotidiane in famiglia. Spesso dimentichiamo che, durante l’adolescenza, i ragazzi ascoltano solo coloro di cui hanno stima, perciò laddove la relazione non sia affidabile e fatta di complicità, è raro incontrare la loro disponibilità interiore. E’ facile concludere di avere un figlio ribelle quando il rapporto non viene riparato ad un altro livello di profondità.

Perciò, ancora prima di etichettare gli adolescenti “aggressivi con madre o padre”, occorre domandarsi: le regole a cui chiedo di aderire sono esplicite o implicite? Sono coerente con quanto chiedo di fare? Mio figlio sente la mia sicurezza come genitore o in base alle emozioni del momento divento più o meno permissivo?

Le regole che promuovo sono ispirate da valori? Faccio sperimentare a mio figlio questi principi o si tratta di “filosofia”? Come constati tu stesso ogni giorno, i ragazzi sono dei grandi osservatori e sono spesso ipercritici, ahimè. Dietro un figlio aggressivo o presunto tale, talvolta si cela l’incapacità di esprimere in modo adeguato le contraddizioni colte. In adolescenza, infatti, l’azione precede il pensiero, pertanto è necessario guidare i giovani affinché si approprino delle modalità migliori per condividere il loro punto di vista. Non è un processo automatico, serve un affiancamento adulto, che probabilmente tuo figlio non sa nemmeno chiedere. Spetta a noi nutrire la relazione attraverso la lettura dei bisogni reali, che si nascondono dietro a comportamenti bizzarri o sbagliati.

Un’altra situazione in cui ricorrono atteggiamenti spiacevoli, che ci inducono a credere di aver un figlio aggressivo o un figlio ribelle, sono quelli in cui il ragazzo si trovi a sperimentare i primi “no” proprio durante la fase adolescenziale. Trascorsa l’intera infanzia a dire sempre “sì” per contenere le frustrazioni, mamma e papà definiscono i primi limiti dopo, immaginando di poter contare su una maggiore accettazione del figlio. Quest’ultimo, dal canto suo, non ha maturato le competenze utili ad affrontare il disagio di un “no” e si lascia andare a disperazione o altre reazioni intense. La preoccupazione di mamma e papà diventa tale da portarli a rivedere alcuni limiti fissati, a volte per quieto vivere, altre per il timore di perdere l’amore del figlio. Si creano così dei disequilibri educativi forti, che non giovano al benessere dei genitori, sempre più afflitti, né tanto meno alla costruzione umana del ragazzo. Analogamente a quanto accade da piccoli nella fase di divezzamento, il giovane deve poter esser “svezzato” alla regola per adattarsi, sviluppare soft skills e divenire capace di mediare con le richieste provenienti dall’esterno.

 

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Mia figlia non mi ascolta, cosa posso fare?

Un’altra occasione che esaspera la quotidianità familiare, è data dalla percezione di esser ignorati dai figli. Indicazioni ripetute decine di volte o quasi. Moniti e rimproveri ribaditi sempre per gli stessi motivi. La situazione entra in stallo e il “mia figlia non mi ascolta” diviene la frase più semplice per descrivere quanto accade.

Perché succede questo? Tra i motivi più diffusi ce ne sono due.
Il primo motivo per cui hai l’impressione di avere una figlia ribelle, resistente all’ascolto, é legato al momento in cui comunichi. Sei solito scegliere la circostanza in cui parlare o ti affidi alla spontaneità del caso? Spesso, quando dobbiamo affrontare un tema caldo, sentiamo l’urgenza di trattarlo. Non appena la figliola abbia fatto rientro da scuola, quando il figlio sia appena tornato dell’allenamento, noi chiediamo, ribadiamo, insistiamo. Davanti le risposte a monosillabi proviamo un comprensibile fastidio, che prima induce a irrigidirci, poi a farci alzare i toni. Risultato? Litigi, battutacce, sfide. Si commentano questi episodi con l’ennesimo “Mia figlia mi odia”, “Mia figlia non mi ascolta”, sottovalutando la possibilità di intervenire in modo attivo e propositivo. Accade, infatti, che l’ostilità riversata contro di noi non sia legata al fatto di avere una figlia ribelle, bensì al contesto comunicativo. Avere accanto a sé un ragazzo assorbito dalla visione della sua serie preferita o da una chat su un social, renderà poco proficuo il vostro scambio. Non credere alla leggenda del multitasking con cui gli adolescenti si giustificano ed evita di pregare continuamente tuo figlio per ottenere la sua attenzione. Semplicemente, cambia momento. È stato dimostrato scientificamente che dopo richieste ripetute, ribadite è come se il cervello di un teenager si spegnesse e non percepisse nessuno degli stimoli che vuoi inviargli.

Il secondo motivo per il quale ti ritrovi a dire “Mia figlia non mi ascolta”, si lega ad un’altra peculiare caratteristica adolescenziale: la centratura che i ragazzi hanno rispetto sé stessi e i propri interessi. In modo riduttivo e ingenuo siamo portati a credere che dall’ingresso alla scuola superiore i ragazzi possano e debbano assumersi una serie di responsabilità e impegni, sulla falsariga adulta. In realtà, l’adolescenza è un passaggio di costruzione identitaria delicato e importante, che richiede un investimento significativo di energie da parte del giovane. L’adolescente prova ad imitare l’adulto, sperimenta, inciampa, ripara. In questa successione frenetica di prove ed errori, emozioni, fatiche e conquiste, i ragazzi sono assorbiti e coinvolti al punto tale da sintonizzarsi principalmente sulla loro esperienza, escludendo il resto. Tenere conto della complessità di questa fase di crescita non ti serve per giustificare tuo figlio, ma per ricordare che diversi dei tuoi “mia figlia non mi ascolta” trovano spiegazione nelle peculiarità di questa età.

 

Figli ribelli: cosa fare?

Alla luce dell’analisi fatta insieme, la prima azione da compiere per rispondere alla fatica domanda “figli ribelli: cosa fare?” consiste nell’evitare di cadere preda dei luoghi comuni che circolano su questa età.

Smetti di pensare che per affrontare l’adolescenza dei figli serva aspettare che essa passi. Supera la visione stereotipata dell’adolescenza, quella per cui i figli irrispettosi sono una costante inevitabile di questa età. Il conflitto é fisiologico, la gestione strategica fa la differenza.

I ragazzi, spesso, sono i primi a desiderare l’incontro di un adulto solido, affidabile, che accolga e rimproveri, sproni e tifi.

La rabbia adolescenziale, quindi, deve esser elaborata non solo dal ragazzo, ma anche da chi lo aiuta a incanalarla. Il ricatto, la punizione o interventi di questa sorta “fanno superare la giornata”, ma non aiutano la crescita del giovane e della relazione.

Il secondo suggerimento è quindi quello di incontrare la persona e non il personaggio esibito da tuo figlio; la sintonizzazione autentica con i suoi bisogni e le sue fragilità, sono il punto di partenza per un intervento educativo mirato, poiché personalizzato. Diffida dalle formule preconfezionate, che pretendono di esaurire il tema del “come comportarsi con i figli difficili” in poche, prevedibili mosse.

Gli interventi educativi utili a riparare la relazione con tuo figlio si legano alla vostra storia, alle vostre personalità e stili. Prendi conoscenza dei principi trasversali che garantiscono la crescita, ma sii disponibile ad un continuo lavoro su di te, in quanto guida educativa.

Scrivici per costruire insieme il percorso adatto alle vostre esigenze, il primo contatto è gratuito!

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